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DR.SSA PATRIZIA CARRAFELLI
Psicologa e psicoterapeuta
Trattamento dei disturbi dell'apprendimento, comunicazione aumentativa e tutoraggio nello studio.
Cos'è la Comunicazione Aumentativa/Alternativa?
La Comunicazione Alternativa è una pratica clinica avente come fine l’ampliamento del linguaggio verbale.
L’obiettivo principale è quello di facilitare l’interazione e quindi aumentare l’inserimento nella vita sociale della persona disabile.
L’intervento è rivolto a soggetti, in modo particolare in età evolutiva, con gravi difficoltà di comunicazione ad esempio: autismo infantile, ritardo mentale, disartria (difficoltà ad articolare il linguaggio), paralisi cerebrale negli adulti.
Sono utilizzate modalità in grado di sostituire e/o integrare il linguaggio espressivo quando è molto compromesso o del tutto assente.
I modi alternativi alla produzione verbale sono molteplici, vanno dai più semplici sistemi iconici ai sistemi di comunicazione complessi, anche attraverso l’utilizzo di svariati ausili strumentali.
Esiste un ramo della psicopatologia che si occupa dei disturbi dell'apprendimento come la dislessia, la disortografia e la discalculia, ma anche delle difficoltà di studio e del deficit di attenzione con iperattività.
E’ necessario ricordare alcune caratteristiche dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) necessarie per arrivare a formulare una corretta diagnosi. Si tratta di disturbi la cui diagnosi prevede l'esclusione di cause di natura neurologica (es. Paralisi Cerebrale Infantile, oppure un impedimento fisico), di deficit sensoriali (es. deficit uditivo) e di problemi legati all’emotività; è necessario anche escludere un generale ritardo di sviluppo che si riscontra nell’insufficienza mentale.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento
si caratterizzano generalmente sia per lentezza nell'elaborazione dello stimolo che per la lentezza di apprendimento.
A chi devono rivolgersi i genitori quando sospettano che il figlio abbia un disturbo specifico dell'apprendimento?
La prima cosa che i genitori dovrebbero sapere è che per effettuare la diagnosi bisogna rivolgersi a persone esperte, sono generalmente psicologi e neuropsichiatri infantili che abbiano acquisito una specifica preparazione, che formulano la diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento
basandosi su precisi criteri. Tali criteri devono essere verificati con una procedura adatta alla loro individuazione specificata negli appositi manuali (Cornoldi, 1991, DSM-IV-R).
Le segnalazioni di situazioni problematiche che si ricevono dagli insegnanti non vanno trascurate, ma non bisogna allarmarsi subito dando per scontata la diagnosi perché alcune difficoltà di apprendimento possono indicare una forma non grave di ritardo sul piano dell'apprendimento e non vanno confuse con il Disturbo Specifico di Apprendimento. E’ bene in questi casi contattare gli esperti del settore che possono formulare una diagnosi più appropriata ed indicare eventuali percorsi riabilitativi da seguire.
Disturbo della Lettura (dislessia)
Per il DSM-IV-R, "La caratteristica fondamentale del Disturbo della Lettura è data dal fatto che il livello di capacità di leggere raggiunto (cioè, precisione, velocità, o comprensione della lettura misurate da test standardizzati somministrati individualmente) si situa sostanzialmente al di sotto di quanto ci si aspetterebbe data l'età cronologica del soggetto, la valutazione psicometrica dell'intelligenza, e un'istruzione adeguata all'età (Criterio A). L'anomalia della lettura interferisce notevolmente con l'apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura (Criterio B). Se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà nella lettura vanno al di là di quelle di solito associate con esso (Criterio C).. Nei soggetti con Disturbo della Lettura (che è stato anche definito "dislessia"), la lettura orale è caratterizzata da distorsioni, sostituzioni o omissioni; sia la lettura orale che quella a mente sono caratterizzate da lentezza ed errori di comprensione".
Questo disturbo consiste in una persistente difficoltà nell'imparare a leggere e a scrivere, in questi casi il bambino può manifestare una lettura molto lenta, anche se abbastanza accurata, oppure lenta e ricca di errori di codifica. E’ da tenere in considerazione che, in genere il bambino non acquisisce la competenza della lettura alla fine della prima elementare. Può accadere che anche la scrittura sia compromessa allo stesso modo della lettura, oppure in qualche caso può essere maggiormente conservata. Esiste una differenza tra il dislessico ed il “cattivo lettore” che riesce a leggere correttamente da un punto di vista tecnico, ma perde il significato di ciò che legge.
- Se mio figlio è dislessico vuol dire che non è intelligente?
E’ bene rassicurare subito i genitori sul fatto che l’'intelligenza in base ai diversi studi effettuati su vari soggetti, non risulta in legata in alcun modo alla dislessia.
- La dislessia può essere eliminata?
Bisogna essere consapevoli del fatto che si tratta di un Disturbo le cui conseguenze potrebbero persistere anche nell’età adulta. Esistono vari studi longitudinali svolti su gruppi di soggetti dislessici, che confermano questo dato. Tuttavia molti dislessici, in seguito a percorsi riabilitativi, imparano a leggere correttamente, anche se in maniera lenta.
I dati di ricerca finora raccolti confermano che l'intervento di riabilitazione è un aspetto importante nell'evoluzione del disturbo e va affidato a personale esperto. E’ importante sottolineare che gli interventi hanno come obiettivo la riduzione degli effetti della dislessia e che essi possono essere svolti durante tutto l'arco dell’età evolutiva.
La maggior parte degli interventi di riabilitazione prevede la lettura ad alta voce come esercizio mirato in base all’età, secondo tempi e modalità prestabiliti poiché il bambino dislessico si affatica molto a leggere. E’ importante continuare a salvaguardare ed incrementare la lettura silente che favorisce la comprensione.
- La dislessia è accompagnata anche da altri disturbi specifici dell’apprendimento?
I diversi studi clinici dimostrano che esiste una elevata probabilità che un bambino dislessico possa incontrare specifiche difficoltà anche nell'area matematica; tuttavia in realtà è possibile incontrare un dislessico senza altri problemi d'apprendimento, oppure è possibile individuare un bambino con difficoltà nell'area matematica che non è dislessico. In questi casi i manuali riportano statistiche intorno all’1%.
- Esiste la trasmissione ereditaria della dislessia dai genitori ai figli?
Esiste una percentuale del 25-30 % circa dei casi in cui si riscontra questo dato.
Dai risultati di numerose ricerche svolte attraverso tecniche come le neuroimmagini e la risonanza magnetica funzionale si evidenzia una elevata incidenza di cause biologiche sui Disturbi Specifici di Apprendimento. Inoltre, ricerche svolte su gemelli mono e dizigoti confermerebbero il ruolo del fattore genetico nella dislessia.
L’adolescenza dei figli è un periodo difficile che mette a dura prova gli equilibri di tutta la famiglia. Gli adolescenti sono spesso ribelli, aggressivi e tendono a screditare e a rifiutare tutto ciò che proviene dai genitori, come: consigli, ruoli prestabiliti, modi di essere e di relazionarsi con il partner e la società.
I genitori si trovano a dover cercare il giusto compromesso tra la presenza, il sostegno e la concessione di libertà ed autonomia.
Tuttavia esiste una linea di demarcazione tra i comportamenti ribelli e la vera e propria patologia, poiché gli adolescenti per crescere e diventare adulti hanno bisogno di distanziarsi dai genitori, a volte utilizzando modalità aggressive e apparentemente senza logica dal punto di vista degli adulti.
In una famiglia sana i figli dovrebbero poter sperimentare che i genitori sono in grado di tollerare la distanza e la frustrazione di non poter essere sempre presenti ed apprezzati . in questo modo gli adolescenti si sentiranno fiduciosi di poter vivere in autonomia e troveranno la propria maniera originale di essere al mondo.
Per questo è necessario che i genitori colgano quelle modalità adolescenziali dei propri figli che rivelano invece condotte patologiche, fino ad arrivare a diagnosi precise come il disturbo borderline di personalità.
In questi casi tutta la famiglia vive in estrema tensione, si possono verificare fughe di casa ripetute da parte dell’adolescente, uso di sostanze illecite, minacce di suicidio, relazioni instabili e atteggiamenti litigiosi costanti sia con i genitori che con i fratelli, partner e amici.
In questi casi è necessario rivolgersi ad uno psicoterapeuta che attraverso al terapia familiare o individuale dovrà accedere ai contenuti emotivi del ragazzo e ristabilire condotte e modi di essere più adeguati.
E’ necessario non sottovalutare questi sintomi ed intervenire tempestivamente, affinché i figli adolescenti si sentano presi in considerazione e compresi, abbandonando il ruolo di “pecora nera” o di colui che crea solo dolore alla famiglia.
Il naturale bisogno di giocare ed esplorare accompagna i bambini in tutte le fasi dello sviluppo evolutivo, i bambini più piccoli attraverso il senso del tatto apprendono e conoscono il mondo circostante.
Il bambino tocca tutto ciò che è a portata di mano, lancia gli oggetti in maniera ripetitiva divertendosi a raccogliere e lanciare di nuovo, così facendo traduce i concetti astratti in esperienze concrete. Ad esempio concetti come: il peso, l’altezza, il rumore, la consistenza dei giochi e degli oggetti devono passare attraverso il tatto per diventare esperienza concreta di apprendimento.
Può accadere che i genitori si preoccupino se il proprio bambino sia in continuo movimento ed esplorazione dell’ambiente circostante, in realtà il tatto, come la vista è un modo per conservare le informazioni e la conoscenza nella memoria.
Molti esperimenti di psicologia evolutiva dimostrano che le attività tattili, come il gioco delle costruzioni, migliora le abilità matematiche e l’apprendimento dei concetti.
La maggior parte degli esperti concorda con il fatto che non solo i bambini, manche gli animali privati della possibilità di giocare, riportano conseguenze da un punto di vista cognitivo ed emotivo.
Attraverso il gioco si apprende la socialità, ed il punto di vista dell’altro, quindi esso è anche alla base dello sviluppo dell’empatia.
Grazie al gioco i bambini imparano a sviluppare un pensiero ipotetico e fantasioso, che li rende adulti capaci di essere creativi nei momenti di difficoltà.
Diverse sono le situazioni nelle quali si può fare una diagnosi di Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). In questi casi alcuni dei sintomi devono comparire per un periodo superiore a sei mesi e compromettono il regolare sviluppo.
Alcuni dei sintomi sono: disattenzione, intesa come distrazione nei compiti, lavoro o attività di gioco. In questi casi il bambino non riesce a portare a termine i compiti e sembra non prestare attenzione quando gli si parla direttamente.
Distrazione nei compiti che richiedono sforzo mentale, il bambino risulta sbadato, perde gli oggetti necessari a portare a termine i compiti, si distrae rispetto a stimoli esterni.
Per iperattività si intende irrequietezza di mani e piedi quando è seduto sulla sedia, scorrazzare nella classe, impulsività nelle risposte e difficoltà ad attendere il proprio turno.
In questi casi è necessario rivolgersi ad un esperto e cercare la collaborazione degli insegnanti, affinché si utilizzino delle strategie appropriate di contenimento.
Tratto dal DSM-IV (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali)